RIFIUTI PLASTICI: DA CRISI ECOLOGICA AD OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO

 

 

Si è da poco conclusa la ‘Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti’ -svoltasi tra il 20 ed il 28 novembre e nell’edizione di quest’anno del 2021 il concetto di ‘economia circolare’ ha rappresentato il focus primario. Questo ci dà la possibilità di analizzare la questione dei rifiuti plastici nei corsi d’acqua da un’angolazione che permette di rilevare anche l’aspetto economico ed industriale.

La presenza di rifiuti plastici nei corsi d’acqua e nei mari rappresenta uno dei più gravi rischi per la sopravvivenza della flora e della fauna marina, da cui dipende di conseguenza anche il benessere e la salute degli esseri umani. Come abbiamo potuto vedere negli articoli precedenti, dalla devastazione dell’ambiente marino al consumo di microplastica attraverso il consumo di prodotti alimentari di origine marina, le azioni che vengono prese globalmente su questo tema hanno ricadute sostanziali sul benessere umano.

Tuttavia non si tratta solamente di una questione ambientale e sanitaria. Infatti, volendo riprendere un concetto più esistenziale, un problema ha in sé tutta una serie di possibilità che rendono il problema stesso una “risorsa”..

Ma in quale senso una questione come i rifiuti plastici può offrire delle opportunità? Se prendiamo in esame gli SDG (Sustainable Development Goals) ci accorgiamo che la salvaguardia dell’ambiente deve operare anche per il generale benessere umano che, oltre il contare su di un ambiente pulito a supporto delle attività umane, è rappresentato anche dalla capacità di creare valore economico, ovvero crescita dei livelli occupazionali e di conseguenza dei salari. 

E’ in questo contesto che entra in gioco la cosiddetta ‘economia circolare’. Con essa si intende quella economia in grado di utilizzare i propri output produttivi -in termini di materie- come input alla produzione dopo che il loro utilizzo commerciale si esaurisce. 

E’ fondamentale, inoltre, ricordare che il materiale plastico rappresenta uno dei materiali più utilizzati al mondo e che quindi privarsene porterebbe ad una perdita netta in termini di capacità di assolvere ai bisogni umani. Quindi la plastica non è un male in sé, ma la gestione del suo “ciclo” di vita rappresenta un problema di proporzioni globali(sia nello spazio che nel tempo).

Uno dei grandi temi riguardanti le politiche ambientali è l’impatto che esse avrebbero sul benessere economico della società. In un periodo di forti tensioni sociali a causa della pandemia, una narrazione che si basi sul concetto di riduzione della qualità della vita con lo scopo della salvaguardia ambientale è ragionevolmente fonte di ulteriore scontro. Soprattutto se tale narrazione viene gestita dallo Stato e la politica in maniera para-ideologica. Inoltre, le azioni che l’autorità pubblica è capace di intraprendere non sono in generale in grado di creare sviluppo: sono invece in grado di agevolarlo od ostacolarlo.

Una delle misure bandiera dell’UE sul tema della plastica è quella di una tassa volta a disincentivare la produzione. Tuttavia in mancanza di un sostituto della plastica e la persistenza dei bisogni a cui essa risponde, il risultato sarebbe solo di un aumento dei prezzi al consumo con cui le aziende tenterebbero di recuperare l’aumento dei costi di produzione derivante dall’aumento delle tasse. Si potrebbe argomentare che l’aumento del gettito fiscale possa poi essere utilizzato per altre misure e politiche sul tema, come il cash-back per chi ricicla la plastica. Tuttavia si tratterebbe di una politica a somma negativa, in quanto il suo costo ricadrebbe per forza su uno degli attori in campo (privato/consumatore). Rimane però un approccio basato sul classico TMD (Take, Make, Dispose).

Risulta invece di gran lunga preferibile un approccio circolare alla questione. Come espresso anche dalla Commissione Europea:

“[…] un sistema che abbia l’abilità di recuperare, trattenere e redistribuire materiali, componenti e prodotti di nuovo all’interno del sistema in maniera ottimizzata e fino a che sia ambientalmente, tecnicamente, socialmente ed economicamente fattibile […]”

(EC 2017)

E’ perciò chiaro come anche ai più alti livelli sovranazionali il tema della preservazione ambientale e del benessere economico non possano essere disgiunti. Essi possono trovare un rapporto armonioso attraverso un approccio che sia “industry-based”, cioè basato sulla capacità delle attività economiche di generare valore; e l’economia circolare -se si vuole mantenere una relativa indipendenza tra il settore pubblico e privato- può funzionare se l’attività economica concepisce se stessa oltre il modello TMD.

(UN Sustainable Development Goals)

 

I vantaggi economici sono di due aspetti fondamentali:

-Il recupero delle materie prime -dette infatti “seconde”- che abbassa i costi di produzione, incentivando il compostaggio dei rifiuti plastici e quindi della preservazione ambientale.

-Di conseguenza si avrebbe un intero settore economico, nato dalla necessità di gestire e reintrodurre nei processi di produzione un materiale, nuovo e capace di aumentare gli investimenti in nuovi processi e tecnologie di raccolta e di produzione, aumentando l’occupazione e quindi il generale benessere sociale. 

Possiamo quindi constatare come lo sviluppo sostenibile non predichi la rinuncia al benessere economico, ma rappresenta, se colta, una vera e propria opportunità di crescita 

Riprendendo, quindi, l’inizio del nostro articolo, possiamo ben affermare che il ‘problema’ della plastica nei mari ha effettivamente al suo interno potenzialità e risorse per lo sviluppo. 

In questo quadro il progetto River Cleaning si innesta perfettamente nel ‘circuito’ che abbiamo brevemente descritto. Infatti risulta chiaro come un impegno nei confronti dell’ambiente trovi la sua operatività attraverso un progetto imprenditoriale. Ciò a dimostrazione del fatto che una politica ambientale “industry-based” sia in grado di coniugare l’inventiva ed intraprendenza imprenditoriale con obiettivi sociali ed ambientali; costituisce essa stessa una ‘circolarità’: la sequenza di feedback positivi tra “policy” and “entrepreneurship” che rafforzandosi a vicenda si pongono in equilibrio tracciando la traiettoria verso gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

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Fonti: European Commission “The Circular Economy”, 2017

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