La plastica è ovunque. La utilizziamo per imballaggi, abbigliamento, contenitori per la conservazione, articoli monouso, mobili e oggetti di ogni tipo.
La plastica è una delle cause principali di inquinamento al mondo, intasa i nostri fiumi e crea isole intere fatte di soli rifiuti plastici negli oceani.
Dalla disgregazione della plastica si formano le cosiddette particelle di microplastica, che, se disperse in mare, vengono ingerite dai pesci, arrivando poi all’uomo.
Una notizia che però è passata inosservata ai più è che particelle di plastica sono state recentemente rilevate nell’aria interna delle ricadute atmosferiche (l’immissione, per effetto dell’emissione in atmosfera, ricade nel suolo e determina ciò che respiriamo). Queste particelle possono essere inalate e rappresentano perciò uno dei rischi più grandi per la salute umana.
Secondo studi recenti (2020)[1], che trattano l’inalazione delle nanoplastiche, vediamo che queste una volta inalate si spostano attraverso le barriere delle cellule polmonari agli organi secondari. Ed è qui che sono state scoperte particelle di microplastica nel corpo umano, compresa la placenta.
Nonostante le possibilità di passaggio di micro e nanoplastiche tra gli organi del corpo umano, il traslocamento materno-fetale di tali particelle, e il loro conseguente attaccamento dalla placenta alla salute fetale, rimane sconosciuto. Scoprire se è possibile l’attaccamento ai tessuti fetali delle particelle nanoplastiche attraverso la placenta in seguito all’esposizione polmonare materna è lo scopo di numerosi ricercatori.
Alcuni esperimenti
Sempre nello studio citato in precedenza, vediamo descritte le procedure necessarie per testare e poter individuare se il passaggio di microplastiche avvenga nei tessuti vivi: ratti gravidi sono stati sottoposti a esperimenti di laboratorio ed esposti a microsfere di nanopolistirene tramite installazione intratracheale.
Nelle successive ventiquattro ore sono stati analizzati i tessuti materni e fetali utilizzando immagini ottiche fluorescenti e microscopia iperspettrale. Da questi studi sono stati rilevati nei tessuti materni particelle di nanopolisterene.
Ciò che va a conferma della precedente ipotesi citata è il ritrovamento di tali particelle anche nella placenta, ma soprattutto in alcuni degli organi fetali come fegato, milza e cervello, suggerendo in definitiva che un passaggio delle particelle plastiche da tessuto polmonare materno a tessuto fetale è possibile in fase avanzata di gravidanza.
Sono comunque diversi gli studi sul tema, compreso uno studio italiano[2] pubblicato di recente su Environment International (Volume 146, 2021) che ha analizzato le placente di sei donne sane, tra i 18 e 40 anni, in corso di gravidanza, che hanno acconsentito a far parte dell’indagine.
I risultati dei ricercatori confermano che nelle placente sono presenti frammenti di particelle tra i 5 e i 10 micron, la grandezza circa di un batterio, tre di questi sono stati identificati come propilene, materiale utilizzato per realizzare tappi e bottiglie di plastica. Gli altri frammenti, invece, fanno parte di materiali sintetici verniciati, derivati da elementi come cosmetici, dentifricio, creme per il viso e il corpo, adesivi.
River Cleaning
I risultati allarmanti di questi studi vanno, ancora una volta, a mettere in luce i danni che la plastica può fare al corpo umano.
I nostri fiumi necessitano di un sistema adeguato alla raccolta degli inquinanti plastici e oleosi, ed è qui che River Cleaning si pone come il sistema innovativo capace di fermare tali rifiuti, permettendo, inoltre, la navigabilità lungo i corsi d’acqua. River Cleaning non interferisce con la fauna ittica ed è autoalimentato, rendendo il sistema ecofriendly sotto ogni punto di vista.
River Cleaning nel suo impegno contro l’inquinamento plastico si pone in prima linea per fermare la plastica nei mari e diminuire le conseguenze che ne derivano per l’ecosistema, l’ambiente e l’essere umano.
Il sistema è ideato per bloccare l’inquinamento della plastica alla fonte, nei fiumi, prima che raggiunga il livello di degradazione e la creazione di microplastiche nelle acque marine.
Ora che numerosi studi confermano quella che è una tragedia dell’inquinamento plastico, e di come non solo siano a rischio le vite umane di oggi, ma soprattutto quelle di domani, è necessario più che mai agire e portare avanti la battaglia contro la plastica.
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[1] Fournier, S.B., D’Errico, J.N., Adler, D.S. et al. Nanopolystyrene translocation and fetal deposition after acute lung exposure during late-stage pregnancy. Part Fibre Toxicol 17, 55 (2020). https://doi.org/10.1186/s12989-020-00385-9
[2] Ragusa,A., Svelato, A., Santacroce, C., et al., Plasticenta: First evidence of microplastics in human placenta,
Environment International, Volume 146, 2021,106274, ISSN 0160-4120, https://doi.org/10.1016/j.envint.2020.106274.