Marea nera: cosa succede alla nostra fauna?

Nel 2010 l’impianto di trivellazione Deepwater Horizon, di proprietà della British Petrol, versa in acqua, a causa di un’esplosione, poco meno di 5 milioni di barili di petrolio (**un barile corrisponde circa a 120 litri).
Una marea nera colora di nero il Golfo del Messico fino ad arrivare sulle coste della Lousiana, l’incidente si rivela essere uno dei più gravi disastri ambientali contemporanei.
Sono infatti milioni i litri di petrolio che si sono riversati in acqua negli ultimi 70 anni, sempre come conseguenza di incidenti che vedevano coinvolte attività produttive umane.
L’inquinamento da oli e carburanti è sempre pericoloso, ma lo è ancora di più quando coinvolge ecosistemi marini e fluviali, il materiale sversato in acqua infatti si diffonde molto più velocemente rispetto alla diffusione che può avere sulla terraferma (su suolo terreno, grazie a strategie di contenimento, è possibile evitare che gli animali entrino in contatto con le sostanze nocive). 

 

Le conseguenze sulla fauna

Vista la gravissima entità dell’incidente che ha visto coinvolta la Deepwater Horizon, le autorità della National Wildlife Federation hanno stilato un piano strategico per la valutazione dei danni e per la salvaguardia delle specie animali che sono state colpite dal disatro (Programmatic Damage Assessment and Restoration Plan).
Prendiamo infatti questo come esempio, per spiegare in maniera sintetica, quali possono essere le conseguenze per un ecosistema. Il report, che consegue ad una fase di analisi approfondita del danno, riporta dei dati allarmanti sulle conseguenze sulla fauna marina. 

 

Delfini e balene

Vediamo brevemente che i danni su specie di mammiferi come delfini e balene sono stati pesanti: quasi tutte le 21 specie di delfini e balene nel Golfo settentrionale hanno subito lesioni dimostrabili e quantificabili e secondo le stime il numero di tursiopi nella baia di Barataria e nel Mississippi Sound, potrebbero essere diminuiti della metà. Si stima inoltre che ci vorranno circa cento anni prima che la popolazione di delfini spinner si riprenda.
C’erano solo poche dozzine di balene di Bryde nel Golfo. Quasi la metà di questa popolazione è stata esposta al petrolio e quasi un quarto di queste balene è stato probabilmente ucciso. La sopravvivenza a lungo termine di questa popolazione è ancora in dubbio.

 

Tartarughe marine

Gli scienziati stimano che durante il disastro siano state uccise fino a 167.000 tartarughe marine di tutte le età.
Nel 2010, il recupero della tartaruga marina Ridley di Kemp, in via di estinzione, si è interrotto bruscamente e ovviamente la preoccupazione per questa specie di tartaruga marina, che è nota per riunirsi e nutrirsi in aree che sono state oliate al largo della costa della Louisiana, è ancora profonda.
Il petrolio ha colpito quasi un quarto del Sargassum, un tipo di alga galleggiante del Golfo settentrionale, noto per essere un importante habitat per le tartarughe marine giovani.

 

Pesci

Gli studi hanno determinato che l’olio si è rivelato particolarmente tossico per molte specie di pesci larvali, causando deformazione e morte. I ricercatori hanno inoltre stimato che il disastro abbia ucciso direttamente tra i due e i cinque milioni di larve di pesce.
I dati non indicano che la fuoriuscita di petrolio abbia causato riduzioni significative nelle popolazioni di specie ittiche raccolte commercialmente. Tuttavia, un certo numero di specie di pesci ha documentato lesioni da fuoriuscita di petrolio. 


Uccelli

Almeno 93 specie di uccelli sono state esposte al petrolio. Le specie particolarmente colpite includevano pellicani marroni e bianchi, gabbiani, ibis bianchi, cormorani a doppia cresta, svassi comuni e diverse specie di sterna.
Uno studio del 2017 ha rilevato che gli uccelli con quantità anche relativamente piccole di olio hanno subito danni ai loro globuli rossi (anemia), condizione che ha influito negativamente sulla riproduzione e sulla sopravvivenza. La perdita di un consistente numero di esemplari inoltre ha avuto effetti significativi sulle reti alimentari del Golfo del Messico settentrionale.


Cosa possiamo fare affinchè i nostri animali non subiscano più i danni dovuti all’inquinamento da oli?

Sicuramente limitare a zero il numero di incidenti di questo tipo offrirebbe una soluzione definitiva. é utopico però pensare che questo non capiti più, nonostante gli efficaci e severi standard di sicurezza introdotti.

Potrebbe però essere risolutivo investire in nuove tecnologie che, in maniera immediata si occupano del recupero dei materiali inquinanti.
River Cleaning Oil si occupa proprio di recuperare le sostanze oleose che versano sulla superficie dei nostri fiumi. Questo sistema infatti, grazie ad un sistema di assorbimento, oltre a proteggere l’ambiente circostante, limita anche che oli e carburanti raggiungano il mare.

 

 

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Disastro BP, non si arresta l’impatto sulla fauna, Valori (2014)

 

Fonte: https://www.nwf.org/oilspill

Photo: Lifegate

 

 

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